Little girl (Edizione italiana) by Alice Keller

Little girl (Edizione italiana) by Alice Keller

autore:Alice Keller [Keller, Alice]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2024-03-20T14:11:50+00:00


Filo d’erba, resta sveglio

attento al ghiaccio

non hai radici di cemento.

8

Un giorno, all’inizio di quest’anno, nella palestra dove giochiamo a basket è comparso un cartello.

Diceva: si informano le famiglie che dal compimento dei tredici anni le ragazze devono passare alla squadra femminile.

Senza dircelo abbiamo pensato agli spogliatoi delle squadre under 18 che quando facevamo le elementari io e Maddalena sbirciavamo da dietro le colonne: quello dei maschi da un lato del corridoio, quello femminile dall’altro. Il nostro, misto, ancora pieno di mamme, al centro. I ragazzi cercavano di attraversare da una parte all’altra, le ragazze li cacciavano, ridevano e chiudevano la porta. Se restava socchiusa ed eravamo noi a sbirciare, nessuna di loro sembrava farci caso. C’erano le ragazze sotto le docce con i seni grandi e i peli sul pube, il bidone da cui spuntavano, a volte, assorbenti macchiati di sangue, i corpi allo specchio, i jeans aderenti, le t-shirt corte sulla pancia, i rossetti, gli asciugacapelli, risate, sussurri, sguardi, una muraglia compatta.

I miei fratelli sono passati correndo.

“Cos’è che guardate?”

Senza aspettare risposta ci hanno dato due schiaffi leggeri sul collo, sono scappati ridendo come galletti, tre trombe d’aria fuori controllo.

Maddalena è rimasta ferma a fissare il cartello, mi ha detto:

“Non so se ne ho voglia.”

Ha fatto una pausa.

“E comunque vorrei che fosse una mia scelta.”

La luce sulle tende è bassa, i vialetti sono all’ombra. Dalle nostre piazzole arriva l’odore della griglia. Sento mia madre dire ad alta voce:

“L’ho chiamata adesso, ha detto che le manca poco, ha già lasciato la superstrada.”

Anna. Lo sfavillio di Anna che si avvicina. Le cicale gridano più forte, il vento solleva gli aghi di pino.

Senza farmi notare prendo un asciugamano e vado verso i bagni. C’è molta gente in fila per le docce. Cammino oltre, il corpo vuole andare e io non voglio che si fermi, non voglio pensare, non voglio sentire cosa dice la pelle, cosa dicono i piedi, cosa dice il petto. D’istinto mi sposto verso i bagni più lontani, che non usa mai nessuno, dove finiscono le tende. Lì di fronte la roulotte di Anna, con la veranda ancora vuota, il piccolo cancello in legno chiuso, la fila di lampadine spente. Forse la vedrò arrivare, con il fuoristrada verde bosco, scassato ma ancora affascinante. La sentirò suonare il clacson e alzare una nuvola di polvere, scendere dall’auto con la sua sacca nera sulla spalla, accendere le lucine della veranda che sembrano addobbi di Natale prima ancora di quelle della roulotte.

Tutte le porte sono aperte, i corridoi vuoti. Nessun grido di bambino infilato a forza sotto il getto dell’acqua, nessun: “Passami lo shampoo!”, “Dov’è l’asciugamano?”, “Sbrigati, che tocca a tuo fratello!”

C’è silenzio.

Mi infilo nella doccia, faccio scorrere il chiavistello, e questo è l’ultimo gesto, poi mollo tutto, ogni forza, ogni muscolo, sto sotto fiotti di acqua calda in quella che mi sembra una fortezza. Mi sciolgo. Lascio che l’acqua scivoli bollente sulla testa, il vapore è una gomma che pian piano mi accarezza, sfuma i bordi, toglie peso, apre, disegna forme, modella.

L’acqua mi



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